Gli oli di semi causano infiammazione?
Ultima modifica : 29 August 2025
Gli oli di semi vengono estratti dai semi di diverse piante. Sicuramente li conosci: colza (canola), mais, semi di cotone, vinacciolo, soia, girasole, cartamo e crusca di riso. Sono economici, hanno un punto di fumo alto (quindi sono stabili alle alte temperature e adatti alla frittura) e sono ricchi di vitamine E e K.
Ma allora, perché molte persone sui social media dicono che gli oli di semi causano infiammazione? Sfatiamo questo mito.
Quali tipi di grassi contengono gli oli di semi?
I grassi presenti negli alimenti sono composti da diversi tipi di acidi grassi. Possiamo dividerli in quattro categorie principali: grassi saturi, grassi monoinsaturi, grassi polinsaturi e grassi trans. Qualsiasi grasso o olio che consumiamo, come il burro, l’olio d’oliva o l’olio di girasole, è una combinazione di questi diversi tipi di grassi.
Gli oli di semi sono particolarmente ricchi di acido linoleico, un acido grasso polinsaturo (PUFA, dall’inglese polyunsaturated fatty acids).1 Alcuni sostengono che questo acido grasso causi infiammazione e che alteri l’equilibrio con gli acidi grassi omega-3, portando a problemi di salute. Tuttavia, questa visione non è supportata dalla scienza. Vediamo perché.

Fig 1 - Composizione in acidi grassi degli oli di semi.1-3
Qual è il ruolo dell’acido linoleico?
L’acido linoleico è un acido grasso essenziale omega-6, il che significa che il nostro corpo non può produrlo da solo e dobbiamo ottenerlo attraverso l’alimentazione. È importante per la formazione delle membrane cellulari e la salute della pelle.
Il nostro corpo può convertire l’acido linoleico in acido arachidonico, un altro tipo di PUFA coinvolto nella produzione di composti infiammatori. Questo significa che consumare oli di semi provoca infiammazione? Non esattamente. Solo una piccolissima parte dell’acido linoleico che assumiamo viene trasformata in acido arachidonico. Mangiare più (o meno) oli di semi non provoca cambiamenti significativi nei livelli di acido arachidonico, che rimangono relativamente stabili nel corpo.4
Il rapporto tra omega-6 e omega-3 è davvero importante?
Gli acidi grassi omega-6 e omega-3 svolgono ruoli diversi nell’organismo. È quindi importante assumerne una quantità adeguata di entrambi per mantenere una buona salute e ridurre il rischio di malattie croniche.
Questi acidi grassi competono per gli stessi enzimi, necessari per convertirli nelle loro forme più attive. La forma attiva degli omega-6, l’acido arachidonico, genera composti con effetti leggermente pro-infiammatori e pro-coagulanti (favoriscono la coagulazione del sangue), mentre le forme attive degli omega-3 (EPA e DHA) producono composti con effetti anti-infiammatori e anticoagulanti.
Per questo motivo, alcuni credono che un eccesso di omega-6 possa favorire l’infiammazione squilibrando il rapporto con gli omega-3. Tuttavia, la ricerca scientifica non conferma questa ipotesi. Gli studi hanno dimostrato che l’aggiunta di acido linoleico (un acido grasso omega-6 abbondante negli oli di semi) alla dieta non aumenta i marcatori dell’infiammazione.5-6 Anzi, le persone con livelli più alti di acido linoleico potrebbero avere meno infiammazione.7
Si parla spesso del rapporto ideale tra omega-6 e omega-3 nella dieta. Attualmente, la maggior parte delle persone assume 10-20 volte più omega-6 che omega-3, principalmente perché la nostra alimentazione è ricca di oli vegetali e cibi processati, ma povera di fonti di omega-3 come pesce azzurro (salmone, sgombro, sardine), semi di lino e noci.
Gli omega-3, in particolare EPA e DHA, sono legati a benefici per la salute cardiovascolare.8 Alcuni studi suggeriscono che consumare troppi omega-6 senza abbastanza omega-3 potrebbe aumentare il rischio di malattie cardiovascolari e cancro.9
Tuttavia, gli esperti oggi ritengono che piuttosto che ridurre gli omega-6, la cosa più importante sia aumentare il consumo di omega-3. La strategia più efficace per migliorare la salute è aumentare l’apporto di EPA e DHA, anziché ridurre il consumo di acido linoleico (un acido grasso omega-6 abbondante negli oli di semi).10
Perché gli oli di semi non provocano infiammazione?
Se gli oli di semi contengono tanto acido linoleico, perché non vediamo un aumento dell’infiammazione? Perché il nostro corpo ha dei meccanismi di regolazione.
L’acido arachidonico (derivato dagli omega-6) non solo avvia l’infiammazione, ma può anche contribuire a risolverla, a seconda del contesto alimentare generale.
Inoltre, non consumiamo gli acidi grassi isolati. Gli effetti degli oli di semi dipendono dall’insieme dei grassi e dei nutrienti che contengono, come la vitamina E, che ha proprietà antiossidanti e può ridurre l’infiammazione.
Va ricordato che l’infiammazione non è sempre negativa. Quando ci facciamo male o ci ammaliamo, l’infiammazione è la risposta naturale del corpo per proteggersi, combattere le infezioni, riparare i tessuti danneggiati e favorire la guarigione. L'infiammazione è influenzata da molti fattori, come i geni, lo stile di vita e l'alimentazione in generale. Ciò che conta di più è l'equilibrio della dieta nel suo complesso, non solo la quantità di olio di semi consumata.
Quanti grassi omega-6 dovremmo consumare?
Gli acidi grassi omega-6 e omega-3 sono entrambi essenziali. Piuttosto che cercare un rapporto perfetto, è più importante assicurarsi di assumerne una quantità adeguata.
Eliminare gli omega-6 riducendo il consumo di oli di semi potrebbe essere dannoso per la salute cardiovascolare, poiché queste sostanze aiutano a ridurre il colesterolo e la glicemia.
L’American Heart Association raccomanda che il 5-10% delle calorie giornaliere provenga dagli omega-6 per ridurre il rischio di malattie cardiache.11 Questo equivale a 100-200 kcal da omega-6 al giorno (circa 11-22 g di omega 6), che corrisponde a 20-39 g di olio di semi di girasole.
L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) suggerisce che almeno il 4% delle calorie giornaliere provenga dagli omega-6. Non esistono prove che il loro consumo sia dannoso, quindi non è stato fissato un limite massimo.12
Allo stesso tempo, si consiglia di consumare 250-500 mg di omega-3 EPA e DHA al giorno.13,14 Questo si può ottenere con due porzioni settimanali di pesce azzurro (140 g per porzione), come salmone, sgombro o sardine. Anche semi di lino e noci sono fonti di omega-3, ma sotto forma di acido alfa-linolenico (ALA), che il corpo non converte in modo efficiente in EPA e DHA.

Fig. 2 –Quanti acidi grassi omega-6 sono presenti negli oli di semi?
Conclusioni
- Gli oli di semi non aumentano l’infiammazione. Alcuni studi suggeriscono che livelli più alti di acido linoleico potrebbero persino ridurre l’infiammazione.
- L’alimentazione generale è più importante che evitare determinati cibi. Gli oli di semi sono una fonte sana di grassi e contengono vitamina E, che ha proprietà antiossidanti.
- Gli oli di semi possono far parte di una dieta sana per il cuore. I grassi omega-6, come quelli contenuti negli oli di semi, sono noti per contribuire a ridurre il colesterolo e i livelli di zucchero nel sangue. Le autorità sanitarie, come l'EFSA, raccomandano di assumere almeno il 4% delle calorie giornaliere da grassi omega-6 per una buona salute.
- La maggior parte delle linee guida dietetiche e gli organismi sanitari internazionali ed europei, tra cui l'Organizzazione Mondiale della Sanità e la Società Europea di Cardiologia, raccomandano di assumere meno del 10% dell'energia totale giornaliera dai grassi saturi (ad esempio, quelli presenti nel burro, nell'olio di palma e nell'olio di cocco) per ridurre il rischio di malattie croniche; la riduzione dovrebbe essere ottenuta sostituendoli con grassi insaturi, in particolare i grassi polinsaturi presenti nell'olio di soia, di colza (canola), di mais, di cartamo e di girasole.15,16
Questo articolo fa parte di una serie sui miti sugli oli di semi:
• Gli oli di semi causano malattie croniche?
• La lavorazione degli oli di semi è dannosa per la salute?
• Gli oli di semi favoriscono lo stress ossidativo?
Riferimenti
- Composition of foods integrated dataset (CoFID).
- Dutch Food Composition Database (NEVO). (2021). NEVO-online version 2021/7.1. Accessed 22 January 2025.
- U.S. Department of Agriculture, Agricultural Research Service, Beltsville Human Nutrition Research Center. FoodData Central. https://fdc.nal.usda.gov/.
- Rett BS, Whelan J. (2011). Increasing dietary linoleic acid does not increase tissue arachidonic acid content in adults consuming Western-type diets: a systematic review. Nutrition & Metabolism 8(1):36. doi: 10.1186/1743-7075-8-36.
- Johnson GH, Fritsche K. (2012). Effect of dietary linoleic acid on markers of inflammation in healthy persons: a systematic review of randomized controlled trials. Journal of the Academy of Nutrition and Dietetics 112(7):1029-1041.
- Su H, Liu R, Chang M, Huang J, Wang X. (2017). Dietary linoleic acid intake and blood inflammatory markers: a systematic review and meta-analysis of randomized controlled trials. Food & Function 8(9):3091-3103.
- Fritsche KL. (2008). Too much linoleic acid promotes inflammation—doesn’t it? Prostaglandins, Leukotrienes and Essential Fatty Acids 79(3-5):173-175.
- Jang, H., & Park, K. (2020). Omega-3 and omega-6 polyunsaturated fatty acids and metabolic syndrome: A systematic review and meta-analysis. Clinical Nutrition, 39(3), 765-773.
- Zhang, Y., Sun, Y., Yu, Q., Song, S., Brenna, J. T., Shen, Y., & Ye, K. (2024). Higher ratio of plasma omega-6/omega-3 fatty acids is associated with greater risk of all-cause, cancer, and cardiovascular mortality: a population-based cohort study in UK
- Harris WS, Mozaffarian D, Rimm E, Kris-Etherton P, Rudel LL, Appel LJ, et al. (2009). Omega-6 fatty acids and risk for cardiovascular disease: a science advisory from the American Heart Association Nutrition Subcommittee of the Council on Nutrition, Phy
- Harris, W. S. (2018). The Omega-6: Omega-3 ratio: A critical appraisal and possible successor. Prostaglandins, Leukotrienes and Essential Fatty Acids, 132, 34-40.
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- Piepoli, Massimo F., et al. "2016 European Guidelines on cardiovascular disease prevention in clinical practice: The Sixth Joint Task Force of the European Society of Cardiology and Other Societies on Cardiovascular Disease Prevention in Clinical Pract